Letture: Wild e Into the wild

Credo di poter affermare che la biblioteca sia il mio locale preferito. Se piove, o fa troppo caldo, o fa troppo freddo, o non ci sono idee, o devo occupare un po’ di tempo durante un’attesa … vado in biblioteca..

Un pomeriggio, girando tra gli scaffali, mi è caduto l’occhio su questo libro, esposto tra le novità consigliate.


Mi ha attirato la foto di copertina: lo scarpone “vissuto” è stato un richiamo prepotente.
Wild … Wild, - mi ripeto -  … ho letto “Into the wild” e mi è piaciuto un sacco; ma questo è un seguito???
Lo prendo in mano, leggo il retro della copertina: no, tutt’altra cosa. “Ecco, questa avrà inventato una storia ispirata a Into the wild …” lo rimetto a posto e proseguo. Poi torno e lo riprendo in mano: quello scarpone mi ispira proprio un sacco … "Vabbè, proviamo, al limite lo riporto senza finirlo …"
L’ho letto tutto; e poi ho riletto diverse parti; ho sottolineato anche alcune righe, con un tratto  leggerissimo, a matita, chissà se il prossimo lettore cui capiterà tra le mani questo volume sarà colpito dalle stesse righe …

Ho letto “Into the wild” col cuore di un genitore.


In questo libro il protagonista, un ragazzo, un figlio, sente forte dentro di sé il richiamo della vita, della propria vita. Avverte il bisogno profondo di immergersi nella natura, la natura “selvaggia”, wild, per coronare il suo ideale di vita, il suo sogno, per compiere la sua strada, quel disegno che lui ha chiaro dentro di sé. È un progetto molto distante dai progetti di vita della sua famiglia, che non lo appoggerebbe, e nemmeno lo capirebbe. Per questo sceglie di realizzarlo in completa solitudine, lasciando poi alla fine la famiglia nella disperazione del non sapere, del non aver compreso, del non essersi resi conto …

Ho letto Wild, invece, col cuore di donna, immedesimandomi (almeno in parte) nella protagonista, forse complice il fatto che alcuni eventi narrati hanno fatto parte anche della mia vita, che gli scarponi da trekking e lo zaino sono oggetti cui sono molto legata, che il dolore ai piedi e la perdita delle unghie è un rituale che accompagna le mie estati.
In questo libro la protagonista, una ragazza, una figlia, una sorella, una moglie, sente il bisogno di ritrovarsi, di cercare il proprio centro per piantare salde e profonde le proprie radici, in modo che l’albero possa crescere robusto, solido e libero. Casualmente decide di intraprendere un lunghissimo trekking, in solitaria, immersa nella natura, anche in questo caso la natura “selvaggia”, wild, per scoprire, e ri-scoprire, la propria forza, il proprio senso dell’esistenza; per poi accorgersi che …
Le ultime pagine sono quelle che mi hanno colpito di più, le ho lette e rilette; non le voglio riportare qua perché sarebbe come svelare il nome dell’assassino in un libro giallo, sono quelle che danno un senso alle precedenti 390 pagine. 

Come viene suggerito sul retro della copertina, questi due libri sono accomunati. Accomunati dalla natura “selvaggia”, wild,  selvaggia tra virgolette, perché non credo che questo aggettivo sia sufficiente per cogliere le sfumature del termine straniero.
Entrambi i protagonisti trovano nella natura il loro senso, la loro strada, la pace; la natura come maestra di vita, come depositaria della verità, da decifrare, sentire e con cui fondersi, in grado di svelare e rivelare l’essenza; che nutre e fortifica, dà forza e nello stesso tempo rende umili.


Ho seguito l’istinto, ho portato a casa il libro, ho fatto bene!

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